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Il “voto col portafoglio” applicato alle aziende

leonardo_becchettiL’idea che ha ispirato Leroy Merlin nel lancio della proposta di un tavolo di lavoro della GDO per definire un accordo d’intenti per l’acquisto responsabile del legno, è quella del “voto col portafoglio”, ormai piuttosto affermata in riferimento ai consumatori: significa indirizzare gli acquisti sulla base delle qualità sociali e ambientali dei prodotti e delle imprese che li realizzano.Può funzionare anche a livello aziendale?
Ecco l’opinione in merito del professor Leonardo Becchetti, economista, docente di Economia Politica all’Università di Roma Tor Vergata, a cui si deve la teoria del “voto col portafoglio”.


Quando si parla di “voto col portafoglio”, cosa cambia se i soggetti protagonisti degli acquisti responsabili sono le aziende e non i consumatori?

L’azienda è un acquirente di prodotti e componenti lungo la propria filiera. Quindi il voto col portafoglio può funzionare nel rapporto tra aziende leader e componentisti. In questo modo si genera una pressione molto forte sulla responsabilità sociale e ambientale di imprese che sono generalmente medio-piccole, ma è importante perché poi la qualità ambientale e sociale della filiera diventa una caratteristica di csr dell’azienda madre. Il problema può essere che in un certo senso si carica un costo sulle aziende che fanno parte della filiera, sui fornitori. Ormai, però, una delle cose a cui i cittadini sono più attenti è proprio il comportamento responsabile lungo tutta la filiera.

La proposta di Leroy Merlin è nel senso dell’auto-organizzazione “dal basso” (bottom-up) fra le insegne della Gdo che vorranno aderirvi. È un modello che può funzionare o serve comunque integrarlo con un intervento “dall’alto” (top-down)?

Ciò di cui c’è soprattutto bisogno è superare l’asimmetria informativa relativa alla qualità sociale e ambientale del prodotto, nel senso che i cittadini-consumatori non possono verificarla direttamente ma devono fidarsi di chi compie una verifica esterna indipendente, come un ente certificatore, un marchio. Per cui ci vuole sempre un ente terzo che con la sua reputazione garantisca relativamente alla qualità del percorso. Questo, al di là dell’auto-organizzazione, vale comunque. L’importante è che il progetto acquisisca una reputazione presso i cittadini.

Una grossa spinta a una maggiore responsabilità sociale delle imprese è arrivata dall’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. La sua traduzione pratica può passare anche dall’integrazione del “voto col portafoglio” nei comportamenti aziendali?

Abbiamo tre strumenti per muoverci nella direzione auspicata da Papa Francesco. Uno può essere prevedere dei divieti, che però possono risultare molto pesanti e comunque si introducono di solito ritardati nel tempo, a partire da un certo numero di anni dalla situazione presente. Poi c’è lo strumento fiscale, ad esempio la rimodulazione dell’Iva per incentivare comportamenti virtuosi, delle aziende e dei cittadini, come suggerito ad esempio nei giorni scorsi da Legambiente per la legge di Bilancio 2017. Il terzo è la qualità dell’informazione, che deve mettere i cittadini nelle condizioni di poter valutare e quindi di effettuare scelte responsabili. Da queste tre grandi forze può arrivare una spinta alle aziende ad avviare iniziative, come ad esempio quella lanciata da Leroy Merlin, per progredire sul fronte della responsabilità sociale.

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