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L’Accordo di Parigi sul clima

Insieme al lancio degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (https://csr.leroymerlin.it/2016/11/14/gli-obiettivi-di-sviluppo-sostenibile-delle-nazioni-unite/), nel 2015 si sono registrati altri avvenimenti che hanno costituito vere e proprie pietre miliari verso la costruzione di un modello di sviluppo più sostenibile. Uno di questi è rappresentato dalla firma dell’Accordo di Parigi.

Tra il 30 novembre e il 12 dicembre 2015 nella capitale francese si è tenuta la Cop21, ventunesima edizione della Conferenza delle Parti, nata dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici (Unfcc) del 1992, la cui prima edizione si tenne a Berlino nel 1995. Al termine dei negoziati, i 195 Paesi partecipanti hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi (Paris Agreement): il documento fissa l’obiettivo della limitazione dell’aumento delle temperature medie terrestri (riscaldamento globale) entro 2° C e possibilmente entro 1,5° C rispetto al livello dell’epoca pre-industriale. Tali soglie sono quelle che si ritiene non debbano essere superate per evitare che il fenomeno del climate change abbia conseguenze ancora più catastrofiche, con scenari imprevedibili ma senz’altro molto preoccupanti per il clima e la vivibilità sul nostro pianeta.

Era previsto che l’Accordo di Parigi sarebbe entrato in vigore quando fosse stato ratificato da almeno 55 Paesi e avesse riguardato una quota di emissioni globali di gas serra almeno pari al 55%. L’obiettivo è stato raggiunto in tempi piuttosto rapidi, molto più rapidi ad esempio di quanto avvenne con il Protocollo di Kyoto (che resta in vigore fino al 2020), e il 4 novembre 2016, a meno di un anno dalla firma, l’Accordo di Parigi è entrato ufficialmente in vigore. Si tratta di un avvenimento storico in quanto un risultato del genere non era mai stato raggiunto in precedenza nella storia dell’umanità. Occorre però metterlo in pratica con determinazione affinché  «gli obiettivi delineati dall’Accordo di Parigi non rimangano belle parole, ma si trasformino in decisioni coraggiose», come ha detto di recente lo stesso Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione.

Perché l’Accordo di Parigi è di grande importanza anche per il mondo delle imprese? Innanzitutto perché insieme al ruolo fondamentale dei governi e dei soggetti pubblici, è stato riconosciuto il ruolo delle imprese (il “settore privato” nel testo dell’Accordo) nel fornire un contributo al raggiungimento degli obiettivi di contenimento dell’aumento delle temperature terrestri. Quanto previsto nell’Accordo, inoltre, offre indicazioni molto precise su alcune priorità d’azione che le imprese sono chiamate a darsi in riferimento alle proprie strategie e politiche di sostenibilità. Tali priorità sono naturalmente collegate agli sforzi da porre in essere per contrastare i cambiamenti climatici, in particolare attraverso strategie di mitigazione e adattamento.

Il rapporto equilibrato con l’ecosistema, l’utilizzo responsabile delle risorse naturali, il raggiungimento di standard sempre più elevati nel grado di efficienza nei consumi di energia, la promozione dell’uso di energie rinnovabili, sono alcuni dei numerosi temi ambientali a cui da sempre le imprese impegnate nella responsabilità sociale d’impresa riservano grande attenzione. L’Accordo di Parigi stimola ad alzare il livello di attenzione e moltiplicare gli sforzi in relazione a queste dimensioni, proprio in virtù del fatto che quella dei cambiamenti climatici è stata riconosciuta dalla comunità internazionale come una delle più grandi minacce che incombono sul futuro dell’umanità. Forse la più grande.

L’Accordo di Parigi ha in sostanza riconosciuto ufficialmente e a livello mondiale la necessità, urgente, di operare un passaggio epocale nel modo di condurre l’attività d’impresa: dal “business as usual” al “business as urgent”. Il mondo del business, cioè, deve prendere definitivamente atto della minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici, delle responsabilità dell’azione dell’uomo nell’averla prodotta, e agire in tutti i modi che ha a disposizione per dare un contributo rilevante nel far fronte a tale minaccia.

Lo spettro delle azioni possibili è evidentemente molto ampio. Per fare solo un esempio, se nella seconda metà di questo secolo l’obiettivo è quello di arrivare a un livello di emissioni zero, in termini di equilibrio tra emissioni (di origine antropica) e assorbimenti di gas ad effetto serra, questo non potrà che diventare un obiettivo di sostenibilità fondamentale per le imprese. Anche perché è sul raggiungimento di obiettivi come questo che sempre di più le imprese verranno valutate da consumatori e investitori che in numero sempre maggiore operano scelte responsabili di consumo e investimento (https://csr.leroymerlin.it/2016/10/24/il-voto-col-portafoglio-applicato-alle-aziende/), cioè orientate in base a considerazioni sulla sostenibilità delle imprese.

Non si sa se l’Accordo di Parigi, quand’anche gli obiettivi che definisce venissero centrati, sarà sufficiente per scongiurare i peggiori scenari che sono stati prefigurati in relazione alla possibile evoluzione nel fenomeno dei cambiamenti climatici. Recentemente l’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha segnalato che il nostro pianeta ha stabilmente superato nel 2015 le 400 ppm (parti per milione) di anidride carbonica in atmosfera, cosa mai accaduta in precedenza, dando l’allarme sul fatto che i cambiamenti climatici starebbero procedendo a una velocità anche superiore alle previsioni. L’impegno delle imprese responsabili resta comunque quello di dare il proprio contributo affinché gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi possano essere raggiunti.


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