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La sfida degli SDGs: Eric Dewitte, Direttore Supply Chain and Sustainable Development LMI

eric_dewitteQualsiasi organizzazione voglia impegnarsi sul fronte della sostenibilità non può non tenere conto degli Obiettivi di sviluppo sostenibile lanciati dalle Nazioni Unite, anche detti SDGs (Sustainable development goals) o Global goals. Ma cosa vuol dire trasferirli nell’attività aziendale? Per capirlo abbiamo chiesto a Eric Dewitte, Direttore Supply Chain and Sustainable Development in Leroy Merlin Italia, con cui iniziamo oggi un percorso alla scoperta degli SDGs.

Quali sono gli SDGs più rilevanti per una realtà come Leroy Merlin e in che modo si possono concretamente integrare nell’attività aziendale?

I Global goals rappresentano un fondamentale riferimento, condiviso a livello globale e sfidante, sui temi della sostenibilità. Per orientare i comportamenti aziendali, occorre tradurre questi obiettivi, che sono necessariamente generici, in obiettivi specifici e soprattutto quantificabili, su cui poi vanno definite politiche e iniziative conseguenti. Da questo punto di vista, senza dubbio uno dei Global goals più importanti per l’attività di Leroy Merlin è il numero 13, quello relativo alla lotta ai cambiamenti climatici.

In particolare, penso a due aspetti: l’impatto ambientale dei nostri negozi sul territorio; e l’impatto dei trasporti. Quanto, invece, all’impatto indiretto della nostra attività, c’è il coinvolgimento dei fornitori, che noi stimoliamo ad adottare politiche ambientali in linea con le nostre.

In questo senso c’è ad esempio l’impegno, da parte di Leroy Merlin, di riportare geograficamente più vicine, in Italia o almeno in Europa, alcune produzioni che attualmente arrivano dall’Estremo Oriente. Certamente non è semplice, visto anche il numero molto elevato di prodotti che offriamo nei nostri negozi, perché significa andare a ricercare nuove fonti di approvvigionamento. In ogni caso è un obiettivo su cui la nostra centrale acquisti dovrà impegnarsi nei prossimi 5-10 anni, quindi di lungo termine. Per questo è stata lanciata una vasta azione di mappatura di tutti i nostri fornitori: contiamo di ultimarla entro fine anno, per avere una conoscenza precisa e aggiornata di dove sono realizzati tutti i nostri prodotti. E per definire successivamente gli specifici obiettivi da raggiungere.

Leroy Merlin ha appena aperto un nuovo grande negozio a Torino. Con quali caratteristiche è stato pensato e realizzato, nella prospettiva del contrasto al climate change?

Premesso che a Torino come in tutta la Regione Piemonte esiste un protocollo, il protocollo Itaca, che impone per gli edifici il rispetto di una serie di requisiti in materia di sostenibilità ambientale, nella prospettiva del contrasto al climate change ci siamo concentrati soprattutto sulla questione energetica.

Quella di Torino è una struttura molto meno energivora rispetto ad altri negozi. Inoltre, il negozio torinese è stato realizzato in un’area ex-industriale: l’obiettivo era, e sarà anche per l’apertura di nuovi negozi in futuro, non edificare nuove strutture ma appoggiarsi ad aree già infrastrutturate, preferibilmente aree dismesse da recuperare, evitando nuova cementificazione e tutto ciò che ne consegue in termini di emissioni di Co2.

Come aspetto facilmente riconoscibile anche dai visitatori, il negozio di Torino utilizza illuminazione a LED, quindi a basso consumo di energia. Sui nostri negozi in Italia è stato effettuato negli ultimi due anni un audit energetico e il negozio di Torino, quello con le soluzioni più avanzate essendo il più recente, sarà una sorta di negozio pilota, i cui risultati potranno essere poi estesi e replicati all’intera rete di negozi. L’obiettivo è rendere tutti i punti vendita meno impattanti dal punto di vista energetico.

Sul fronte dei trasporti, su cosa è principalmente impegnata Leroy Merlin per il contenimento delle emissioni di Co2?

Da diversi anni abbiamo deciso di ridurre al minimo il trasporto su gomma. L’anno scorso, ad esempio, il 57% di tutti i chilometri relativi al trasporto delle nostre merci sono stati percorsi su rotaia o su nave, togliendo le merci dalla strada.

Ma non ci fermiamo ai trasporti BtoB, ovvero alla merce che viaggia verso i nostri negozi. Da quest’anno abbiamo iniziato a misurare il livello di emissioni anche sul fronte BtoC, cioè collegato al trasporto della merce fino a casa dei clienti, che è un’operazione decisamente più complessa. E stiamo ragionando su consegne con veicoli elettrici in città come Milano e Roma.

Questo è il quarto anno che effettuiamo l’analisi del livello di emissioni di Co2 complessivamente a livello di azienda, cioè in ambito “scope 1, 2 e 3”, per dirlo in termini tecnici. Inoltre, ogni anno siamo impegnati in progetti di compensazione della Co2 che emettiamo e non riusciamo ancora ad abbattere, come ad esempio quello dei Comunelli di Ferriere.

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