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Persone

Di Licia Paglione, Istituto Universitario Sophia di Loppiano e SEC-Scuola di Economia Civile


Essere individui che esaltano la propria specificità e libertà, svincolandosi e immunizzandosi sempre più dagli altri, è la modalità esistenziale a cui la cultura contemporanea più facilmente ci abitua.

Essere parte indistinta di una massa, in cui ci si confonde, annullando ciò che rende unico ciascuno, può essere un’altra modalità, opposta alla prima, anch’essa molto comune nelle nostre società.

Essere persone è tutta un’altra cosa.

È una modalità esistenziale che fa stare tra questi due estremi: tra l’esaltazione immunitaria della nostra identità e, al contrario, la sua perdita in nome di un’appartenenza omologante.

E stare tra questi due estremi contrapposti implica imparare che il “tra”, quello spazio che, mentre ci distingue, ci lega, rappresenta il nostro humus originario e costitutivo.

E questo “tra” non è fatto da altro che dalle numerose relazioni sociali nelle quali siamo immersi: quelle nelle quali ci ritroviamo in modo ascrittivo, da quando nasciamo, e quelle nelle quali, via via nel tempo, scegliamo di stare, continuandole a generare e alimentare, riconoscendo che da esse dipende la nostra esistenza materiale, dato che fin dal suo inizio, in quanto esseri biologici siamo frutto di una relazione tra due genitori, ma anche “spirituale”, perché, lungo l’arco dell’intera vita, la nostra identità, lungi dall’essere un dato, continua a delinearsi in un processo che solo nella relazione si va a modellare.

Per la realizzazione della persona, per la sua “fioritura”, dunque, una componente imprescindibile è rappresentata da questo “tra”.

Per questo per la persona è fondamentale diventarne esperto.

E ciò ad esempio lascia scoprire che, certo, non tutti i “tra” in cui ci troviamo sono uguali.

Alcune relazioni infatti possono bloccare la nostra “fioritura”, altre possono deformarla, altre possono promuoverla e, al tempo stesso, esserne frutto.

Non basta dunque parlare di relazioni in modo generico rispetto alla persona.

Nè basta guardare alla loro quantità.

La persona, per “fiorire”, necessita infatti di una qualità particolare di relazioni che studiosi di vari ambiti da ormai oltre 30 anni hanno individuato, definendole “beni relazionali” (Gui 1987, Nussbaum 1986, Uhlaner 1989, Donati 1986).

Sono, questi, relazioni in cui i due implicati, in modo alterno, come in una vicendevole gara, scelgono e riscelgono di correre per primi un rischio, quello di rivolgersi all’altro con un atteggiamento interiore di gratuità, senza condizionare il proprio agire a ciò che questi potrebbe dargli in cambio.

Ed è qui, in questa capacità di compiere e ricompiere incondizionalmente un “salto nell’ignoto” (Caillè 1998, p. 122) verso l’altro, che si manifesta la persona.

La persona, in fondo, in sè può essere vista come l’intreccio di infinite relazioni in cui si dà spazio primariamente e reciprocamente a questa capacità: la persona nasce da continui e rinnovati “incontri di gratuità” (Bruni 2006, p. 87).

Essere persone allora vuol dire imparare nella propria esistenza, in famiglia, tra amici, con colleghi e responsabili a lavoro, etc., a generare e alimentare “incontri” così.


Bibliografia

  • Bruni L., Il prezzo della gratuità, Città Nuova Editrice, Roma 2006.
  • Caillé A., Il Terzo Paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, Torino  1998.
  • Donati P., Introduzione alla sociologia relazionale, Franco Angeli, Milano 1986.
  • Gui B., Elements pour une definition d’economie communautaire, in «Notes et documents», 19-20/87, pp. 32-42.
  • Nussbaum M.C., La fragilità del bene: fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca, Il Mulino, Bologna 1996 [1986].
  • Paglione M. Licia, Incontri di valore. I beni relazionali e la loro emergenza, Pacini Editore, Pisa, 2018.
  • Uhlaner C., Relational goods and participation. Incorporating sociality into the theory of rational action, in «Public choice», 62/89, pp. 253-285.

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