Di Natale Brescianini, Osb Cam, Monaco, Formatore, Coach ACC ICF
1.0 INTRODUZIONE
Chi scrive è un monaco benedettino camaldolese che da circa 13 anni si occupa di formazione aziendale.
Molto in sintesi cercherò di descrivere come la tradizione monastica affronti il rapporto con il tempo.
Tutto il nostro ragionamento si basa su quella possiamo definire come la chiamata universale, la vocazione che ogni persona ha, indipendentemente dal fatto che abbia fede oppure no; una chiamata che, nella tradizione cristiana, viene descritta con il seguente versetto tratto dalla Bibbia, precisamente dal Libro della Genesi:
“Dio pose l’essere umano nel giardino, perché lo coltivasse e lo custodisse” (Gen 2,15)
Questo è il grande compito che ogni uomo e ogni donna sono chiamati a concretizzare: coltivare il giardino in cui sono stati messi.
Due sono i possibili giardini in cui noi siamo stati posti:
Innanzitutto noi stessi, la nostra persona, fatta di Corpo e Mente e Spirito. Il secondo giardino è la nostra quotidianità, fatta di luoghi che abitiamo, relazioni che viviamo, vicende che affrontiamo.
Noi stessi e la nostra quotidianità possono diventare o un inferno oppure un paradiso, a seconda di come decidiamo di custodirli e coltivarli.
Trovare il giusto rapporto tra tempo e spazio contribuisce a tutto ciò.
2.0 TEMPO: Kronos o Kairos
Nella mitologia greca Kronos è il padre crudele del tempo, colui che divora i suoi figli, che ha paura del futuro. È il tempo misurabile, quello che fugge sempre e che non basta mai.
Kairos invece è il dio buono, colui che permette di cogliere il tempo giusto, l’opportunità. È la capacità di vivere con leggerezza e forza l’attimo presente quanto si manifesta.
3.0 San Benedetto e la tradizione monastica: dal Kronos al Kairos
“L’ozio è nemico dell’anima, perciò i fratelli in determinate ore devono occuparsi nel lavoro manuale, in altre ore, invece, devono dedicarsi alla “lectio divina”.” RB. 48
Ciò che ci può aiutare a non subire il tempo è la nostra capacità di darci un ritmo.
Nella tradizione monastica il ritmo è dato dal famoso motto benedettino:
Ora et Lege et Labora. (Prega e Studia e Lavora)
In questo slogan, la parola più importante è “et”: cioè, tieni assieme, in armonia, in equilibrio queste tre dimensioni della persona: Spirito, Mente, Corpo.
Proviamo ora ad approfondire sinteticamente questo ritmo di vita:
3.1 ORA: Spiritualità
Per Spiritualità intendiamo la capacità di abitare le domande di senso, inteso come direzione e significato alla nostra esistenza.
Nella sua Regola, nel Prologo 14, San Benedetto pone una domanda:
“Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo:
Chi è l’uomo che vuole la vita
e arde dal desiderio di vedere giorni felici?”.
Se a queste parole tu risponderai: Io…”
È la grande domanda di felicità e di pienezza di vita che attraversa ogni uomo e ogni donna, in tutti i tempi e in tutte le latitudini.
È tempo forse per noi occidentali, di tornare a farci le grandi domande: oltre ad essere massimizzatori di utilità siamo anche profondi ricercatori di senso!
3.2 LEGE: Studiare, informarsi
È decisivo nutrirsi di parole belle, buone, vere in quanto noi diventiamo le parole che ascoltiamo e che diciamo.
La nostra mente funziona un po’ come il nostro corpo: se ci cibiamo di cibi tossici, ci intossichiamo; se ci alimentiamo con parole tossiche, intasiamo la nostra mente e il nostro spirito.
È necessario quindi porre molta attenzione al tipo di linguaggio che costruiamo e utilizziamo nelle nostre relazioni quotidiane.
3.3 LABORA: mettere in pratica
“Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno” RB Prologo:
“Chiunque tu sia, dunque, che con sollecitudine e ardore ti dirigi verso la patria celeste, metti in pratica con l’aiuto di Cristo questa modestissima Regola, abbozzata come una semplice introduzione…” RB 73
All’inizio e alla fine della sua Regola, San Benedetto utilizza l’espressione “mettere in pratica”
A nulla servono le belle riflessioni, le belle organizzazioni, le procedure chiare scritte nei manuali, se poi il tutto non diventa vita concreta: azioni, atteggiamenti, scelte.
Un pensiero che non diventa azione è sterile, un’azione senza pensiero è vuota di senso.
CONCLUSIONE: IL TEMPO È SUPERIORE ALLO SPAZIO
In questo ultimo periodo, Papa Francesco ha dato un notevole contributo nel dare un particolare significato della relazione tra tempo e spazio, soprattutto con l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, pubblicata il 24 novembre 2013.
EG 223. “Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi.
Il tempo ordina gli spazi, li illumina e li trasforma in anelli di una catena in costante crescita, senza retromarce. Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici.
Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci.”
La Verità è un processo e non un possesso; se rimane un possesso diventa ideologia o idolatria.
Se entriamo nella logica del tempo superiore allo spazio, diveniamo consapevoli che stiamo camminando, connessi con noi stessi e interconnessi con le persone che incontriamo;
ogni cammino ha bisogno di perseveranza, determinazione, resilienza.
Solo così le nostre singole scelte saranno utili alla coltivazione e custodia del giardino in cui siamo stati posti.
Bellissimo articolo.