Nati dalla combinazione di diverse esigenze, gli Empori fai da noi si stanno velocemente distribuendo su tutto il territorio nazionale proprio per le loro caratteristiche win-win.
Tante persone e altrettante realtà del terzo settore si trovano nella situazione di fare piccoli interventi di manutenzione o ristrutturazione di case, uffici e strutture in genere. Quando però le entrate scarseggiano, questo tipo di operazioni vengono accantonate in attesa di tempi migliori, dando spesso origine a situazioni dove la trascuratezza diventa cronica e la casa, lentamente, un luogo dove non si resta volentieri.
Dall’altra parte i negozi Leroy Merlin Italia si trovano ad avere merci che, seppur in buono stato, per diversi motivi non sono più adatte alla vendita e, se non impiegate in altro modo, hanno la sola prospettiva di diventare rifiuto.
Ecco che dall’unione di due esigenze nasce un progetto sociale che punta ad abbattere i rifiuti prodotti recuperando tutti i materiali in buono stato e aiuta famiglie e associazioni nel realizzare piccoli interventi di manutenzione sia con la fornitura di materiali che con il prestito di utensili professionali e attrezzature. Tutto questo sono gli Empori fai da noi.
Oggi sono 27 gli empori attivi su tutto il territorio nazionale e sono affiancati dall’esperienza e dalla competenza dello staff di Last Minute Market srl – Impresa sociale per quanto riguarda il ritiro e la gestione dei materiali.
“Leroy Merlin Italia è stato il nostro primo partner stabile per il recupero di prodotti non alimentari – racconta Silvia, responsabile di Last Minute Market per il progetto Empori – abbiamo avuto diverse esperienze spot con progetti locali, ma questo è il primo progetto nazionale nell’ambito del recupero di materiali per la casa e la piccola manutenzione”.
Last Minute Market è famosa per aver dato una risposta al problema delle eccedenze alimentari all’interno della grande distribuzione, diventando il tramite tra aziende con tanti beni da smaltire e associazioni con tante bocche da sfamare. A pensarci, pare semplice e quasi scontato che esista un servizio del genere, ma destreggiarsi tra le normative sulla gestione dei rifiuti, le procedure aziendali e le esigenze del terzo settore non è banale e richiede un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti.
“Il progetto con Leroy Merlin è nato grazie al progetto di tesi di una giovane lavoratrice del negozio di Casalecchio (Bologna) che ha lavorato sull’applicazione del ‘metodo Last Minute Market’ anche agli invenduti del settore bricolage proprio mentre stava partendo il progetto degli Empori fai da noi. Ci siamo subito trovati: avevamo gli stessi obiettivi e le stesse motivazioni – continua Silvia – Abbiamo individuato le organizzazioni del territorio responsabili dell’Emporio locale, e creato delle procedure standard sia per i negozi che per le associazioni in modo che potessero gestire in modo lineare i prodotti, dallo stoccaggio, al ritiro, alla successiva distribuzione o impiego”.
Un passaggio importante per i negozi coinvolti che devono trattare i prodotti non idonei alla vendita non come rifiuti ma come beni, trovando spazi di deposito, adeguando procedure di carico e scarico, formando il proprio personale alla gestione di questa tipologia di merce.
Un passaggio altrettanto importante per le organizzazioni del terzo settore che si devono adeguare alle procedure e acquisire un minimo di competenze gestionali e organizzative per trattare prodotti e attrezzature, regolare il funzionamento degli Empori e l’approvvigionamento dei materiali di consumo.
“Abbiamo dato vita ad una piattaforma condivisa per la gestione dei materiali, ma soprattutto ad une rete di soggetti attivi su tutto il territorio nazionale che possono scambiarsi idee per il miglioramento continuo e lo sviluppo di progettualità comuni – prosegue Silvia – Il mese scorso abbiamo fatto il primo incontro con i responsabili di zona degli Empori Fai da noi di tutta Italia, condiviso obiettivi, difficoltà, prospettive. L’idea è di supportare il terzo settore ad essere sempre più preparato nel rapportarsi con il mondo aziendale e nello sviluppare progetti di più ampio respiro”.
Nell’era della disintermediazione e del “rapporto diretto”, creare reti stabili e piattaforme di interscambio diventa molto complesso senza la professionalità di un “traduttore” che permetta il dialogo, la connessione sistematica tra profit e no-profit.
La contaminazione, di conseguenza, porta lo scambio di punti di vista e saperi in un’ibridazione continua che vuole spingere le aziende ad essere più attente al sistema sociale in cui sono immerse e le organizzazioni ad essere più performanti senza perdere le loro caratteristiche.
E perché no, creare anche nuove opportunità di lavoro per chi le sa cogliere.