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Partecipazione

Di Ivan Vitali, Socio Fondatore e membro del CDA presso Scuola di Economia Civile


La partecipazione è la modalità attraverso cui la persona esprime la propria intenzionalità, il desiderio, in cui comunica agli altri che esiste e che sceglie.

La Costituzione italiana parla di “elevazione” economica e sociale del lavoro, quando spiega lo scopo per cui riconosce il diritto dei lavoratori di partecipare, collaborando alla gestione delle aziende.

La partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale è un diritto così centrale che la Costituzione stessa lo inserisce tra i Principi Fondamentali, la riconosce legata al “pieno sviluppo della persona umana, alla libertà ed all’uguaglianza”.

Nelle lingue anglossassoni, partecipare si traduce come “prendere parte” (to take part, teilnehmen). Prendere parte rimanda a due azioni distinte e fortemente legate tra loro. Partecipare significa “togliere” qualcosa agli altri e prenderla per sé: se partecipo ad uno spettacolo, ad un concerto, se vado allo stadio, ne “prendo parte” e impedisco a qualcun altro di essere lì, in quel momento, al mio posto. Il piacere di partecipare implica anche uno sforzo, la responsabilità di una scelta (compro –o mi regalano- il biglietto, organizzo il trasporto, i tempi, rinuncio ad altre cose che arei potuto fare, vado all’evento).

Partecipare significa responsabilità e scelta anche in un secondo senso: quando “prendo parte” ad una manifestazione per sostenere un diritto, un pensiero, per esprimere solidarietà e vicinanza, la mia presenza dice che io sto dalla parte di una donna scampata ai campi di concentramento e critica il pensiero e le azioni di chi la insulta e minaccia sui social. Ho scelto di dire la mia, di non stare zitto, di non stare a casa e, tra le tante opzioni, ho “preso una parte”.

Partecipare, in questa doppia lettura, è ciò che ci segna sin dall’inizio della nostra vita: appena nati e per i primi anni di vita, “prendiamo parte” del tempo, dell’energia, della vita e del corpo stesso della nostra mamma, dei nostri genitori, di chi ci accudisce. La fatica, gli errori, il piacere l’amore e l’affetto che i genitori esprimono e ricevono nella relazione con noi mentre ci accompagnano durante l’infanzia, l’adolescenza, nei contrasti e nelle cadute della vita, ci permette di crescere, di “prendere parte” ad una comunità, ci “rende abili” a prendere a nostra volta scelte adulte, di possiamo essere consapevoli. Quando ciò accade, quanto partecipiamo alla vita, vediamo nitidamente la forma che prendono “gratuità” e “reciprocità”, pilastri dell’Economia civile. Quando ciò non accade, la coppia, la famiglia, la società diventa più fragile, regredisce alla rabbia infantile per ciò che non va come vorrebbe, per ciò che è diverso da sé, per ciò che non comprende e la partecipazione non è più un “insieme per” ma un “insieme contro”.

É piacevole e umanamente arricchente sentirsi parte di relazioni umane calde, autentiche, partecipare delle scelte organizzative del luogo di vita, di lavoro, alla vita pubblica del nostro Comune, così come è gratificante ricevere il “sì” di tante persone alle “partecipazioni” attraverso cui invitiamo al nostro matrimonio o ad altri eventi importanti in cui chiediamo alle persone di “schierarsi”, di “scegliere di stare con noi” quel giorno li.

La partecipazione finta, gli inviti “di plastica”, la reciprocità “col bilancino”, formale, quella che sentiamo vuota, è invece quanto di più svilente e svalutante si possa provare: ci dice che non siamo scelti, che le persone che vorremmo dalla nostra parte preferiscono altro. Che non contiamo. Che valiamo poco per loro.

Esiste dunque un manuale di regole, una procedura, una norma e una serie di sanzioni, un principio etico per “convincere” a cambiare chi la pensa diversamente, chi insulta, minaccia, distrugge, chi sta “insieme contro”, chi prende senza dare?

L’Economia Civile, la scienza umana della felicità pubblica, della centralità della persona, da oltre tre secoli sostiene che siano da premiare le virtù, i comportamenti positivi e non solo punite le devianze dalla norma, le cose che non vanno. Richard Thaler, premio Nobel per l’economia 2017 ha portato all’attenzione pubblica che i comportamenti positivi e virtuosi sono incoraggiati non tanto dalla paura di evitare sanzioni, ma dal piacere che si prova in ciò che si fa, nel prendere a modello gli altri, nel confronto con altre persone, tanto che “comportarsi bene” in questo modo (curare gli ambienti pubblici, rispettarne la pulizia, l’ordine, raccogliere i rifiuti…) diventa più facile che non il contrario.

La fatica di partecipare acquista senso e diventa prassi ripetuta se passa attraverso il piacere di farlo, la comprensione di quanto sia “semplicemente umano” desiderare la felicità propria, insieme a quella delle altre persone.

Come insegna la storia di Adriano Olivetti, prendere parte non è un “rubare” o un “togliere” dei pezzi, ma un “prendere a prestito”, per restituire qualcosa di più bello e grande, perché arricchito del nostro desiderio di giocare, del nostro divertirci, del nostro piacere, della nostra creatività e abilità.

É bello prendere parte!

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