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Generatività come nuovo paradigma

Intervista a Luca Solesin, Responsabile Scuola e Giovani Ashoka Italia


Ashoka è la rete internazionale degli imprenditori sociali, da anni attiva anche in Italia: ognuno può essere agente di cambiamento sociale (“everyone is a changemaker”) è il suo motto. La promozione dell’innovazione e dell’impatto sociale caratterizzano tutta la sua attività, proponendo un paradigma di sviluppo che pare di fatto già superare quello della sostenibilità. Ne parliamo con Luca Solesin, Responsabile Scuola e Giovani in Ashoka Italia.

Dalla  sostenibilità stiamo passando alla generatività come paradigma auspicabile del modello di sviluppo?

Il cambiamento di paradigma è il livello di cambiamento sociale più elevato a cui aspiriamo attraverso la nostra attività, prima di tutto con gli imprenditori sociali. Lavorando a stretto contatto con loro possiamo toccare con mano dove si sta spostando la frontiera dell’innovazione sociale. Quello che vediamo, perché sono gli imprenditori sociali a dircelo e a mostrarcelo, è appunto che si sta andando oltre la sostenibilità: i nuovi paradigmi verso cui si orienta la loro azione si basano sulla creazione di valore attraverso la generatività e la rigeneratività.

Può fare qualche esempio?

Partirei dalle parole del fondatore di Ashoka, Bill Drayton, secondo il quale oggi, in un mondo caratterizzato dal cambiamento continuo, per creare valore non basta più ricercare l’efficienza nella ripetizione. Occorre adattarsi e contribuire al cambiamento. Dunque è la “fotografia” o meglio l’analisi stessa del mondo com’è oggi che impone di andare nel senso della rigeneratività. Un altro elemento che caratterizza il nuovo paradigma è il cambiamento nel linguaggio che vediamo utilizzare dagli imprenditori sociali, che parlando di rigenerazione aiutano e spingono ad andare in quella direzione, anche in termini di sistema valoriale di riferimento. E poi c’è la traduzione dei nuovi linguaggi in azioni concrete. Un esempio sono i nostri imprenditori sociali che in vari Paesi, dalla Romania alla Turchia, portano avanti attività e creano valore dalla rigenerazione degli ecosistemi naturali.

Anche le vostre attività rivolte ai più giovani si inseriscono nella prospettiva della generatività?

È ovvio che non possiamo non lavorare coi giovani, specie in chiave educativa, dove adottiamo di fatto lo stesso approccio che utilizziamo con gli imprenditori sociali. Coi giovani, in particolare, lavoriamo sulle competenze. Perché se ciò che caratterizza oggi la società è il cambiamento continuo, allora saranno sempre più importanti e a più alto valore aggiunto le competenze relative alla gestione del cambiamento. Noi le definiamo “competenze changemaker”, come quelle socio-emotive, relazionali, la capacità di lavorare in gruppo. Il nostro programma per le scuole primarie e secondarie si concentra sull’identificazione delle “scuole changemaker”: scuole che già oggi sono leader di cambiamento perché adottano un modello di educazione trasformativa, dove cioè la formazione non parte dall’analisi delle esigenze espresse dal mercato in termini di competenze, ma ha l’obiettivo di dare ai giovani le competenze necessarie per trasformare essi stessi la società nel modo e nel senso che desiderano. L’anno scorso ho girato l’Italia per conoscere e selezionare il gruppo delle scuole changemaker e ho scoperto cose davvero eccezionali: c’è un grande potenziale d’innovazione nelle scuole italiane, a volte inespresso per le più varie ragioni, che vogliamo come dire portare a bordo. Un altro nostro programma che punta sui giovani è Ashoka young changemakers: guardiamo ai giovani più innovativi, under 20, che ascoltiamo e coinvolgiamo per capire che società vogliono costruire domani. Questo programma è attivo in Europa e nel mondo da un paio d’anni e vorremmo lanciarlo anche in Italia entro quest’anno, anche perché proprio in Italia, a novembre a Torino, si terrà lo European Changemaker Summit, il più grande evento europeo di Ashoka. Abbiamo già attivato tre programmi di mobilitazione giovanile con l’obiettivo di costituire una sorta di massa critica di giovani che ci possano aiutare a sviluppare il programma all’interno del loro mondo nel modo più efficace.

Che tipo di coinvolgimento è previsto per le aziende nell’ambito delle attività di Ashoka?

Sono tanti i modi con cui collaboriamo con le aziende e in particolare da alcuni anni è stato lanciato a livello internazionale un programma specifico loro rivolto, che stiamo testando in Italia (il 26 marzo Ashoka Italia organizza il webinar “Aziende changemaker“). Nel rapporto con le aziende  quello che a noi interessa di più è il potenziale di cambiamento che possono generare, cioè capire cosa si può fare, insieme, per orientare il loro modello di business nel senso della produzione di impatto sociale positivo per tutti gli stakeholder: ad esempio, analizzare quali politiche possono generare maggiore cambiamento, comprendere quali sono i principi che orientano la creazione di processi aziendali, valutare l’impatto sociale connesso a una determinata attività aziendale. L’obiettivo ultimo è fare insieme un passo avanti: fra le aziende, come fra i giovani, nelle scuole o fra i nostri imprenditori sociali, cerchiamo chi può diventare co-leader del cambiamento. E lavoriamo per liberare il suo potenziale.

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