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I prodotti di Made in Carcere per (RI)GENERIAMO: intervista con Luciana Delle Donne, fondatrice della cooperativa sociale Officina Creativa

Dai prossimi giorni in tutti i Negozi Leroy Merlin sul territorio italiano saranno in vendita accessori tessili realizzati da Made in Carcere, brand della cooperativa sociale Officina Creativa che ha avviato una collaborazione con (RI)GENERIAMO, la società benefit sostenuta da Leroy Merlin Italia. Ne parliamo con Luciana Delle Donne, fondatrice di Officina Creativa.

Quali sono i prodotti realizzati da Made in Carcere per (RI)GENERIAMO?

Sono presine e grembiuli multi-tasche, che possono contenere una varietà di oggetti: dalle spazzole per i capelli al cellulare, dalle penne ai cucchiai in cucina e altro ancora. Possono molto ben figurare anche come regali per le prossime festività natalizie. Tra l’altro regali etici e sostenibili. Per realizzarli abbiamo infatti recuperato tessuti in esubero delle aziende tessili che sarebbero rimasti altrimenti inutilizzati, abbandonati, e che avrebbero sicuramente prodotto anche un impatto ambientale importante, e negativo, per il loro smaltimento. La lavorazione di questi prodotti avviene in luoghi di particolare disagio ed emarginazione, come le carceri, e coinvolge persone che in questo lavoro trovano una importante e forse unica prospettiva di riscatto. Con la possibilità di costruirsi con le proprie mani, è davvero il caso di dirlo, un futuro migliore. Aggiungo che questi prodotti possono portare una nota di allegria nelle nostre case in un contesto purtroppo piuttosto grigio, per le note difficoltà legate alla crisi Coronavirus, come quello che ha caratterizzato quest’anno e che speriamo stia però per finire. Sono prodotti che in un certo senso vogliono colorare la vita delle persone riportandoci a valori che definirei primari: la misericordia, il rispetto verso gli altri, verso l’ambiente che ci circonda.

Made in Carcere da molti anni è una delle più belle storie italiane di economia a impatto sociale. Quali sono le affinità con (RI)GENERIAMO?

In effetti possiamo affermare che la nostra attività con Made in Carcere ha fatto da apripista in Italia per quanto riguarda il lavoro che coniuga l’inclusione sociale, con riferimento prioritario all’universo carcerario italiano, e l’impatto ambientale positivo. Che sono i due pilastri della nostra esistenza, ma non solo della nostra. Oggi vediamo che il mercato è ormai stanco, è fondato su un modello vecchio di economia, che non può contare più sui pilastri che lo giustificavano un tempo. Per questo crediamo che fare la strada insieme con altri rappresenti una sinergia necessaria per continuare a competere e allo stesso tempo per dare vita a un modello di mercato nuovo, con nuove regole, motivazioni, obiettivi. Siamo molto felici di aver avviato questo percorso insieme a (RI)GENERIAMO e a Leroy Merlin, perché ritroviamo gli stessi principi e le stelle “molle” che muovono da sempre il nostro operato: concetti come benessere, impatto sociale, economia rigenerativa. Mettere insieme le forze è necessario per realizzare progetti caratterizzati buon senso, qualità, dal rispetto dell’etica e dell’ambiente.

Un’attività economica rigenerativa da cosa è caratterizzata?

Dare e darsi sono la nuova frontiera della ricchezza. L’idea è quella di poter aiutare delle persone in estremo disagio, che hanno diritto a provare a ricostruire la propria vita con dignità e consapevolezza, facendolo in modo etico e sostenibile. Attraverso la vendita di questi prodotti si mantiene viva la loro speranza di una vita migliore. Per chi li acquista, significa portarsi a casa e testimoniare l’esistenza di una catena del valore che è fatta di amore e solidarietà, che aiuta ad aiutare. A rigenerare, appunto. Per definire e valutare un’attività economica o la stessa economia in generale, misure come il PIL non bastano più: è ora di parlare di BIL, di Benessere Interno Lordo.

Il benessere può essere considerato la nuova misura del successo?

Direi benessere combinato a impatto sociale. Ci stiamo lavorando con un approccio accademico e scientifico che mira a definire e valutare l’impatto sociale che riusciamo a generare con la nostra attività all’interno delle carceri. Lo utilizzeremo anche per un nuovo progetto che stiamo facendo partire, le sartorie sociali di periferia. L’emergenza Covid-19 ci ha fatto rallentare, ma lo stiamo comunque portando avanti insieme alla Fondazione Con il Sud, che ha scelto di investire per lo sviluppo di questa progettualità. Grazie a tale sostegno stiamo anche creando una Social Academy, a Lecce, che ha l’obiettivo di formare i formatori: stiamo cioè trasferendo il nostro know-how, e anche un po’ la mia passata esperienza nel lavoro in banca e nella finanza, per provare a strutturare una “organizzazione industriale del bene”. Vorremmo avvicinare altre realtà, oltre una decina quelle con cui siamo già in contatto, per aiutarle a sviluppare delle attività etiche, sostenibili, ad alto impatto sociale: una rete di organizzazioni ispirate a un modello di economia rigenerativa.

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