(RI)GENERIAMO impresa benefit
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Le storie di (RI)GENERIAMO: intervista a Ivan Vitali, co-fondatore ConVoi Lavoro impresa sociale

Favorire opportunità di lavoro per persone in situazione di disagio sociale è la missione di ConVoi Lavoro, impresa sociale nata dall’esperienza dell’associazione ConVoi Onlus e partner di (RI)GENERIAMO, la società benefit sostenuta da Leroy Merlin Italia.

A raccontare caratteristiche e finalità di questa partnership è Ivan Vitali, direttore di ConVoi Onlus e co-fondatore di ConVoi Lavoro.

In che modo avete conosciuto e poi fatto vostra la “sfida” lanciata da (RI)GENERIAMO?

L’inizio del nostro rapporto risale a diversi anni fa e il tramite sono stati i corsi della Scuola di Economia Civile (dove Ivan Vitali è docente e fra i soci fondatori, ndr). Con Luca Pereno (csr manager di Leroy Merlin, ndr) iniziammo a confrontarci sull’idea di come valorizzare un immobile inutilizzato di Leroy Merlin, un magazzino in Brianza, nel senso dell’economia civile e della sostenibilità. Da discuterne in due, col tempo, il discorso è evoluto e passammo a discuterne in tanti, nel senso che ognuno di noi prese a coinvolgere le persone, le reti con cui era già in contatto, per fare leva sulle competenze che già esistevano. Da lì nacque l’idea di (RI)GENERIAMO, di una impresa cioè che avrebbe dovuto agire secondo i principi dell’economia civile, che ha iniziato il proprio lavoro in tre ambiti prioritari: l’agricoltura sociale, la produzione di oggetti attraverso filiere certificate e coinvolgendo persone in condizioni di fragilità, e piccoli lavori di ristrutturazione e manutenzione di interni. Quest’ultimo è l’ambito nel quale entra in gioco ConVoi Lavoro.

Di cosa si occupa esattamente ConVoi Lavoro?

ConVoi Lavoro è nata durante i mesi più duri, quelli del lockdown, della pandemia Covid-19. ConVoi Onlus, crescendo, ha sentito sempre più forte l’esigenza di occuparsi anche di individuare o creare opportunità di lavoro per le persone che segue, oggi circa una settantina, nelle sue comunità, negli alloggi per l’autonomia, nelle strutture in housing sociale, o che incontra attraverso i suoi partner. Serviva una sorta di “braccio operativo” che aiutasse a trovare lavoro coloro che non hanno un curriculum spendibile sul mercato del lavoro, che fanno cioè molta fatica ad accedervi autonomamente. La nascita di ConVoi Lavoro è avvenuta così parallelamente, per non dire contestualmente, all’evoluzione del progetto di (RI)GENERIAMO. Oggi ConVoi Lavoro ha richieste per alcune commesse legate a servizi come la tinteggiatura, la piccola manutenzione e ristrutturazione di interni e per lavori di pulizia. E porta “in dote” a (RI)GENERIAMO la sua esperienza, e il suo bacino di riferimento, su come si raccoglie, si struttura e poi si può provare a soddisfare una domanda di questi servizi, offrendo qualità a costi competitivi: in questo modo persone che prima non esistevano per il mercato del lavoro, con la guida di conVoi Lavoro possono diventare persone affidabili, certificate e accreditate. L’obiettivo -in futuro- è quello di “scalare” queste attività, facendole uscire dal contesto solo locale, attraverso la rete di (RI)GENERIAMO, di cui ConVoi Lavoro sarebbe appunto uno dei nodi.

Qual è il “valore aggiunto civile”, per così dire, di queste iniziative?

Sta in questo: mettere insieme quelli che la società è solita considerare “scartati” e “scarti”, o comunque non prime scelte, facendoli rientrare in un circuito economico e sociale, a beneficio non solo loro ma dell’intera collettività. Fonte d’ispirazione in questo senso sono l’economia civile e le parole di Papa Francesco, ovviamente. In ottica economica, si tratta di utilizzare ciò che ha un valore d’uso ancora molto alto, ma un valore di mercato basso. Se pensiamo a un prodotto, è il caso di ciò che non si trova sull’ultimo catalogo, che però fa egregiamente il suo lavoro. E però non si vende, nessuno lo vuole, non è “l’ultimo modello” e dunque non ha mercato. Lo stesso può dirsi per le persone. Come si concilia, allora, la necessità aziendale di rinnovare continuamente la gamma, di proporre sempre cose nuove, con quella di non sprecare ciò che ancora, come dicevo, ha un alto valore d’uso? Bisogna trovare il modo di utilizzare questi prodotti, e soprattutto valorizzare queste persone, in situazioni e attraverso combinazioni che, con le normali dinamiche, non si verificherebbero. Intendiamoci, restando dentro le regole con cui funziona l’economia. Ma aggiungendo l’ingrediente fondamentale, che è appunto l’aggettivo “civile”. L’idea, allora, è far “rifiorire” queste persone e questi prodotti attraverso imprese e modalità che non nascono solo per fare marginalità elevate, per ricercare il massimo profitto. Affinché scartati e scarti non siano più considerati tali, potendo rigenerarsi. A questo scopo serve creare un mercato del lavoro civile, che aggreghi domanda e offerta e le faccia incontrare in modo virtuoso: persone, prodotti, servizi, organizzazioni, reti. Producendo un impatto positivo, alla fine, sia sulla società, sia sull’economia.

Come si può valutare questo impatto sociale e perché è importante farlo?

Misurare e valutare l’impatto sociale di iniziative come questa è, a mio avviso, fondamentale per tenere insieme, in futuro, il welfare e la sostenibilità dei servizi pubblici. Mi spiego: si stima che ad un’agenzia pubblica costi non meno di 8-10mila euro costruire le condizioni per generare un posto di lavoro di una persona che ne è esclusa. Fare matching tra domanda e offerta è importante e risolve il problema del lavoro di qualcuno, ma ha un costo elevato e non vuol dire ancora “creare lavoro”. Con la nostra proposta, non solo facciamo matching ma sviluppiamo impresa civile. Con questo risultato: l’ente pubblico risparmia sui costi del matching e dell’accompagnamento del processo, perché viene fatto anche da noi e da realtà come la nostra; ci sono costi inferiori per le “non-negatività” che si evitano, cioè per costi della solitudine, del malessere, del sentire di “non valere niente” che significa meno persone più “felici” e che richiedono servizi socio-sanitari e assistenziali, a cui invece ricorrerebbero se non avessero un reddito ed un lavoro che le fa sentire vive e utili; dall’altra sono meno facilmente preda di circuiti di illegalità, che com’è noto costano pesantemente alla società, su tanti fronti; infine, c’è maggiore benessere, individuale e collettivo. L’impatto sociale positivo è la somma di tutte queste dimensioni.

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