
Dopo l’intervista a Giorgia Taioli, proseguiamo il cammino di avvicinamento al grande evento di Economy of Francesco (EoF) di settembre 2022 intervistando un altro giovane che si è unito a EoF sin dal primo evento del 2020: Daniele Montesi, di EoF Marche.
Quali motivazioni ti hanno portato a rispondere alla “chiamata” di Papa Francesco in vista della prima edizione di EoF?
Mi ero laureato da circa un paio d’anni, in Ingegneria Gestionale all’Università Politecnica delle Marche, quando seppi della lettera con cui Papa Francesco inviata i giovani di tutto il mondo a EoF. Ne ero venuto a conoscenza grazie alla rete di Economia di Comunione, poiché mia madre gestisce una piccola azienda che fa parte della rete. Fin dai primi anni di università avevo dentro di me la consapevolezza che il mio futuro sarebbe stato in ambito imprenditoriale. Perciò quando capii che c’era la possibilità di intrecciare, per così dire, questo mio percorso entrando in contatto con un network internazionale di persone che condividevano certi valori, per giunta dietro una chiamata espressa del Papa, mi entusiasmai. Inviai la candidatura, ma non avevo troppo fiducia di essere accettato. Invece accadde proprio così. Personalmente sento che le chiamate a cui ho risposto sono state in realtà due: la prima sicuramente è stata quella del Papa; la seconda è stata la chiamata all’incontro ad Assisi con tante altre persone, da ogni parte del mondo, con il mio stesso desiderio di cambiare il mondo, di generare un impatto concreto nell’economia e nella vita reali.
Di cosa ti sei occupato nell’ambito di EoF?
All’atto dell’iscrizione si doveva indicare la propria preferenza per uno dei 12 villaggi tematici in cui EoF è articolato. Avevo scelto il villaggio “Vocazione e profitto”, ma era al completo, per cui sono entrato nel Villaggio “Management e Dono”. Del resto il management è il mondo da cui provengo professionalmente e il dono è un tema su cui avevo già fatto delle letture, ad esempio i testi di Luigino Bruni, e che da lì in avanti ho poi preso ad approfondire ulteriormente: mi affascina il riferimento alla gratuità di intenti, al fare qualcosa perché ha valore intrinseco per me e per gli altri, e per la relazione che crea. È uno spazio che mi interessava e mi interessa molto esplorare. Aggiungo che in quella fase, che per me era di ricerca, ero aperto a una verità di possibili percorsi imprenditoriali, non avevo ancora un’idea definita del mio futuro. Grazie ai tanti spunti che ho avuto poi nel percorso che ho fatto con EoF, insieme a un gruppo di amici ho lavorato a un progetto di un’impresa start-up, che vedrà la luce nei prossimi mesi. La sua attività ruoterà proprio intorno al concetto di dono e ci costituiremo anche noi, come (RI)GENERIAMO, in società benefit.
Dopo la prima edizione di EoF, com’è proseguito il tuo impegno?
Posso dire che già nei mesi che hanno preceduto la prima edizione di EoF, e proprio perché si sapeva che l’evento non si sarebbe tenuto in presenza ma online a causa della pandemia, più che delle tematiche del mio Villaggio mi sono impegnato localmente, nella mia città, Senigallia, dove eravamo in due a essere iscritti a EoF. Ci siamo detti che dovevamo fare qualcosa per provare a coinvolgere altre persone, organizzando incontri, per quello che era possibile in quei mesi di fase acuta della pandemia. Volevamo creare, insomma, un network locale ispirato a EoF. E così facendo abbiamo anticipato la fase post-evento, dove c’è stato un vero e proprio cambio di paradigma: EoF, che era nato come evento, di portata globale, poi è diventato soprattutto un movimento, orientato principalmente sul locale. In particolare l’attenzione è passata dagli hub tematici globali agli hub territoriali. Per cui con gli altri iscritti dalle Marche abbiamo fatto ancora più gruppo. Ora, dopo circa un anno dall’inizio di questo lavoro, cominciamo a raccoglierne i primi frutti. Nel senso che stiamo finalmente iniziando a capire chi siamo, noi del gruppo EoF delle Marche, a capire cosa possiamo fare in concreto.
Cos’ha comportato il passaggio da evento a movimento, anche nella vostra percezione?
Credo che questo passaggio in realtà fosse nelle intenzioni un po’ di tutti, per cui è avvenuto in modo abbastanza naturale. Per noi è importante continuare a essere movimento locale, non va persa l’inerzia che stiamo iniziando ad avere. Siamo attivi su una serie di tavoli di lavoro. Uno è con un gruppo di imprenditori, fra cui una società quotata e una banca, nel quale cerchiamo di sensibilizzare sui temi della sostenibilità. Un altro è invece con i Frati Cappuccini delle Marche, che hanno espresso la volontà di metterci a disposizione una loro struttura, destinata a non essere più utilizzata, per progetti con al centro i giovani e il lavoro: stiamo ragionando, e un po’ sognando, anche con altri movimenti su cosa possiamo fare di buono per il nostro territorio avendo a disposizione questa struttura.
Come parli ai tuoi coetanei, magari cercando di attirarli, di EoF?
Anche recentemente mi è capitato di far leva soprattutto su quella che considero una delle principali peculiarità di EoF. Cioè il fatto di avere nel nome l’economia, ma di trattare in realtà di moltissimi altri argomenti: è la visione dell’economia integrale. Il problema del modello economico attuale, a mio avviso, è non solo che ha delle regole “rotte”, ma che diventa difficile se non impossibile frenare la sua inerzia, il suo perpetuarsi, se si prova a farlo da soli, limitandosi cioè a cercare il cambiamento a livello della propria azienda o anche del proprio settore. Per avere una reale possibilità di cambiare il modello, invece, la cosa da fare è mettersi insieme, persone con storie e background diversi, generando relazioni che ti mettono in contatto con altre persone ancora. Anche perché l’idea alla base di EoF, quella a cui tutti gli altri concetti sono legati, è quella di fraternità: in questa prospettiva, ad esempio, la disuguaglianza non dovrebbe esistere perché siamo tutti fratelli; se pensiamo alla finanza, non avrebbe senso speculare pensando alle ricadute di un’attività speculativa su alcune persone, perché anche qui si tratta di nostri fratelli. L’invito che rivolgo ai miei coetanei, dunque, è di partecipare per provare a realizzare questo cambiamento insieme.