Insieme a (RI)GENERIAMO, la società benefit e B Corp che sostiene, al Fuori Salone 2022 che si è tenuto a Milano a inizio giugno Leroy Merlin ha lanciato l’esperimento delle “Chiacchiere Generative”.
Si è trattato di un ciclo di incontri, uno al giorno, informali e agili (non più di un’oretta), ospitati in uno spazio non grande ma particolarmente accogliente con sedie disposte a circolo vicino all’angolo caffetteria. Dove chiunque poteva accomodarsi non solo per ascoltare ma per partecipare, entrando in relazione con chi stava raccontando esperienze, impressioni, iniziative e progetti intorno al tema del rigenerare e della rigenerazione. Un tema complesso, vasto, che si è provato a declinare nei cinque incontri del ciclo in accordo con la missione di (RI)GENERIAMO: rigenerare persone, perimetri, prodotti, economie.






Gli speaker invitati, principali protagonisti di queste chiacchierate, sono stati fondamentali per la buona riuscita dell’esperimento. Ci teniamo ancora una volta a ringraziarli sinceramente per la grande disponibilità con cui hanno accolto il nostro invito. Seguendo il calendario degli appuntamenti, desideriamo dire grazie nell’ordine a Patrizia Cappelletti (Università Cattolica di Milano, Alleanza per la Generatività); a Francesco Reale (Fondazione Adecco per le Pari Opportunità); a Massimiliano Mariani (Economy of Francesco); a Sergio Galasso (Itinerari Paralleli); all’On. Maria Chiara Gadda (prima firmataria della legge “anti-spreco”) e a Marco Raspati (Regusto). Un grazie anche alle persone che hanno partecipato agli incontri e che spesso con la loro curiosità e le loro domande hanno contribuito alla ricchezza e alla qualità della discussione, contribuendo non di rado a orientarla.
Un’infinità gli argomenti toccati durante gli incontri, impossibile riassumerli tutti. Particolarmente interessante, però, è che molti argomenti, magari con tagli diversi, sono tornati un po’ in tutte le belle chiacchiere generative che ci siamo fatti al Fuori Salone. È su questi, allora, che proviamo a concentrarci, tentando una sintesi. A beneficio in particolare di chi non ha potuto sedersi a chiacchierare insieme a noi. E che magari in questi argomenti potrà trovare ispirazione o almeno materia di riflessione per i propri progetti generativi. A tutti, comunque, diamo appuntamento al Fuori Salone del prossimo anno.

Network
Da soli non si va da nessuna parte. Per raggiungere qualsiasi obiettivo occorre mettersi insieme ad altri. Il che vuol dire avviare e coltivare relazioni, costruire ponti, instaurare un dialogo tra soggetti anche molto diversi e distanti fra loro, mettere insieme dei nodi che formino una rete, pensare al fare come a un “fare per” e soprattutto un “fare con”. Può voler dire fare più fatica e impiegare più tempo, certo. Ma permette di avvalersi dell’intelligenza collettiva, di essere più forti grazie alle relazioni intessute, di avere più punti di accesso alle esigenze della collettività, di poter contare sulla bellezza e ricchezza della diversità. E, alla fine, di produrre un impatto sociale positivo più grande, più esteso e duraturo sulla società e l’ambiente. Viene in mente il famoso proverbio africano: “Se vuoi arrivare primo, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme”.
Racconto
Il racconto di quello che si fa non è un di più, è parte essenziale di quello che si fa. Perché raccontare è dare testimonianza, offrirsi al confronto e, perché no, alla critica. Il difficile è raccontare in modo efficace, allargando il più possibile la platea di coloro che possono ascoltare e comprendere ciò che si comunica, anche se è costante la ricerca di un linguaggio nuovo. Soprattutto quando c’è da raccontare qualcosa di complesso, dalle molte sfaccettature. Una ricetta valida per tutte le situazioni non è stata ancora trovata, se mai esiste. Ma c’è almeno un ingrediente di cui non si può fare a meno: i fatti, i numeri, le cose concrete, presentate in modo trasparente, coerente e verificabile, contro ogni rischio di greenwashing. Non dev’essere un racconto di facciata, ma di fatti. Meglio ancora se si tratta di fatti, azioni, di un’operatività che parla da sola, cosa che l’innovazione sociale sa fare e molto bene.
Fragilità
Rigenerare è curare le fragilità, se possibile prevenirle, ma innanzitutto intercettarle. Un esercizio difficile, ovviamente, perché le fragilità sono tante e diverse. Avendo il lavoro e l’inclusione attraverso il lavoro come stelle polari del proprio agire rigenerativo, la fragilità forse più grande è quella dei luoghi e delle comunità in cui il lavoro manca. C’è la fragilità delle solitudini, spesso silenziose e nascoste, per giunta acuita dai mesi e anni della pandemia, e quella del disagio sociale nelle sue molteplici forme. C’è la fragilità delle diversità, anche all’interno delle organizzazioni e delle imprese in particolare, che se non gestita crea danni e si trasforma in costi, se ben gestita produce benessere e si trasforma in valore anche economico. C’è la fragilità dei territori “dimenticati” anche se hanno grandi potenzialità. C’è la fragilità, anche, dei lavori tradizionali, a volte antichi, che nonostante il loro fascino fanno fatica a tramandarsi e ad attirare i più giovani, per cui rischiano di scomparire.
Giovani
I più giovani che oggi si affacciano sul mondo del lavoro e ancora di più quelli che durante il percorso formativo già guardano al ruolo che potranno svolgere in futuro nella società, hanno approcci e aspettative spontaneamente diversi da quelli che li hanno preceduti. Non è retorica, è la realtà. Oggi il lavoro non è più un fatto solo economico, è una questione di senso. Sono soprattutto i giovani a chiedere e a volte a pretendere un senso dal loro lavoro. Vogliono, cercano un lavoro che abbia un impatto sociale positivo. Forse anche perché si sono formati e sono cresciuti in un mondo attraversato, sconquassato da crisi una più grave dell’altra: la grande crisi finanziaria del 2007-2008 e la successiva crisi del debito, la crisi climatica, la pandemia, solo per citarne alcune fra le più gravi degli ultimi dieci-quindici anni. Hanno spesso paura del futuro e delle crisi che potranno ancora venire, e in ciò sono fragili, ma forse proprio per questo sono forti nella consapevolezza di voler avere un ruolo professionale che aiuti a rigenerare il mondo per metterlo il più possibile al riparo da crisi come quelle che hanno appunto vissuto sulla propria pelle. L’urgenza e la volontà che i giovani esprimono in questo senso, a volte addirittura dichiarando di sentire una “chiamata” a intraprendere un tale percorso, è linfa vitale per chi lavora per rigenerare. Mettersi in ascolto e in sintonia con questa tensione che i giovani esprimono è una necessità ineludibile.
Rischio
Rigenerare è ricercare il cambiamento, trasformare. Significa andare oltre gli steccati e le categorie, pensare “out of the box”, essere pionieri, esploratori, andare verso l’ignoto. Non solo, perché è anche ricerca di una trasformazione che da sperimentale ha l’ambizione di diventare strutturale, di definire un nuovo modello. Ovviamente tutto ciò comporta dei rischi, a volte veri e propri conflitti, se non altro tra il “vecchio” su cui agisce il processo trasformativo e il “nuovo” verso cui tende. È inevitabile, quando si “mette al mondo” un’impresa, un progetto, un’iniziativa, e bisogna esserne consapevoli. Del resto si sa:“è difficile fare le cose difficili”.
