
Il modello della Società benefit, scelto da (RI)GENERIAMO, ha in sé caratteristiche che potrebbero farne il modello di riferimento per le imprese che intendono già ora attrezzarsi al meglio per affrontare le grandi sfide sociali e ambientali del futuro? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Roberto Randazzo, partner dello studio legale Legance dov’è responsabile del Dipartimento Esg e Impact, fondatore e consigliere di Assobenefit, che ha supportato la nascita di (RI)GENERIAMO per i profili legali.
Ha senso tentare di definire un modello ideale a cui tendere per le imprese che si dichiarano orientate all’impatto sociale?
Oggi per le imprese la generazione di un impatto socio-ambientale positivo è una centrale. Certamente il modello della Società Benefit è quello maggiormente in grado di generare impatto, prevedendo un approccio sostenibile sia in termini di governance, sia dal punto di vista produttivo e della gestione delle attività d’impresa. Non saprei dire se lo si può definire un modello ideale, ma sicuramente è quello che più risponde alle necessità che oggi la società esprime.
Quali sono le caratteristiche peculiari del modo in cui (RI)GENERIAMO interpreta il modello benefit?
Ritengo che (RI)GENERIAMO abbia in sé degli obiettivi di beneficio collettivo estremamente interessanti, in quanto sovrappongono quelli di carattere ambientale, collegati alla provenienza di (RI)GENERIAMO, con quelli di carattere sociale, basati essenzialmente sul tema dell’inclusione. In chiave di sviluppo futuro, inoltre, c’è un ulteriore tema di grande interesse: l’inclusione nella filiera produttiva di valori, riferibili ai criteri ESG (ambientali, sociali e di governance, ndr), che (RI)GENERIAMO a mio avviso incarna perfettamente. Voglio dire che per grandi corporation, in questo caso aziende della grande distribuzione come Leroy Merlin, lavorare su progetti come (RI)GENERIAMO consente di internalizzare filiere produttive perfettamente allineate con i principi di sostenibilità più evoluti. Il che è un tema fondamentale specie per un giurista, dato che in ambito europeo sono in arrivo norme che riguardano specificamente il profilo di sostenibilità delle filiere. Aggiungerei infine una nota in relazione al fenomeno del greenwashing, particolarmente diffusa al punto che l’Unione europea ha di recente avanzato una proposta di direttiva per contrastarlo (la proposta di direttiva della Commissione Europea sull’attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali, comunemente dette green claim, ndr): il fatto che (RI)GENERIAMO affronti con rigore e trasparenza il tema della rendicontazione delle informazioni sulla misurazione dell’impatto generato attraverso la sua attività, credo che sia un modo qualificante, oltre che giusto e serio, di dare risposte concrete su questo fronte.
Allargando lo sguardo dalla singola impresa all’economia a impatto nel suo complesso, quali sono gli elementi che ne esprimono meglio l’essenza?
Il terreno fondamentale su cui la impact economy è chiamata a rappresentare la propria efficienza, e a continuare a svilupparsi, è quello della misurazione dell’impatto sociale e ambientale generato. In questo senso l’Unione europea ha definito non solo modelli normativi a cui ispirarsi per incanalare questa economia, ma anche, parallelamente, sistemi di misurazione standardizzati. Al riguardo l’esperienza di (RI)GENERIAMO è ancora una volta significativa: individuato il modello giuridico più adatto a valorizzare i profili di beneficio comune scelti dall’imprenditore, questo modello dev’essere poi accompagnato, da una parte, da sistemi e metriche di misurazione d’impatto, dall’altra, da meccanismi di disclosure che obbligano a rendere comprensibile al pubblico l’esito di tali misurazioni. Anche quando l’esito è negativo. Questo a mio avviso è un cambiamento epocale.
L’Italia con la legge sulle Società benefit ha segnato un record a livello internazionale. C’è qualcosa che contraddistingue la “via italiana” alla impact economy e la rende un riferimento nel mondo?
Il fatto che l’Italia sia stata la prima giurisdizione, al di fuori degli Stati Uniti, ad aver adottato una normativa sulle Società Benefit è motivo di soddisfazione, ma non di stupore. Perché siamo un paese in cui l’economia sociale, il sistema della cooperazione e, interesecato a questi, quello delle PMI, sono sempre stati storicamente radicati ed estremamente solidi. E sono spontaneamente allineati ai principi della Società benefit. Guardando alla grande impresa multinazionale in una prospettiva strategica, invece, come accennavo prima, il “modello benefit” può diventare lo strumento per integrare e valorizzare filiere produttive inclusive, caratterizzate da forti elementi di sostenibilità. Stiamo già assistendo alla definizione di approcci strategici che fanno leva sulle relazioni e sulle concatenazioni esistenti tra gruppi di Società Benefit che, a loro volta, fanno parte di distretti e cluster produttivi che contraddistinguono per tradizione il nostro tessuto imprenditoriale. È il caso ad esempio di imprese capo-filiera che suggeriscono ai propri fornitori, o a volte impongono come requisito, la trasformazione in Società Benefit. Anche alcuni fondi d’investimento lungimiranti si stanno muovendo in modo simile, cioè entrano nel capitale di un’impresa chiedendo la trasformazione in Società Benefit. Certamente occorre presidiare con attenzione la corretta applicazione della norma, in particolare per quanto concerne i sistemi di misurazione. Bisogna far comprendere che essi non devono essere percepiti come un onere aggiuntivo, bensì come ciò che più può valorizzare l’elemento dell’impatto.
Cosa vede nel futuro delle Società Benefit?
Il modello benefit è sufficientemente “leggero” in termini di obblighi normativi e, allo stesso tempo, fortemente innovativo per consentirgli di ambire a diventare il modello d’impresa che permette di essere più allineati ai criteri di sostenibilità già oggi e di meglio aderire, in futuro, alle regolamentazioni di carattere europeo che via via evolveranno. In altre parole, la potenza e la forza, e quindi il futuro, della Società Benefit stanno nella sua flessibilità.